San Giorgio Martire di Lydda 
                                23 aprile -  
                  Cappadocia sec. III - † Lydda (Palestina), 303 ca. 
                  Giorgio, il cui sepolcro è a Lidda (Lod) presso Tel Aviv in 
                  Israele, venne onorato, almeno dal IV secolo, come martire di 
                  Cristo in ogni parte della Chiesa. La tradizione popolare lo 
                  raffigura come il cavaliere che affronta il drago, simbolo 
                  della fede intrepida che trionfa sulla forza del maligno. La 
                  sua memoria è celebrata in questo giorno anche nei riti siro e 
                  bizantino. (Mess. Rom.) 
                   

              Si narra  nella Passio Georgii” , classificata tra le opere apocrife, che 
                  Giorgio era nato in Cappadocia , figlio di Geronzio 
                  persiano e Policronia cappadoce, che lo educarono 
                  cristianamente; da adulto divenne tribuno dell’armata 
                  dell’imperatore di Persia Daciano, ma per alcune recensioni si 
                  tratta dell’armata di Diocleziano (243-313) imperatore dei 
                  romani, il quale con l’editto del 303, prese a perseguitare i 
                  cristiani in tutto l’impero.
                  Il tribuno Giorgio di Cappadocia allora distribuì i suoi beni 
                  ai poveri e dopo essere stato arrestato per aver strappato 
                  l’editto, confessò davanti al tribunale dei persecutori, la 
                  sua fede in Cristo; fu invitato ad abiurare e al suo rifiuto, 
                  come da prassi in quei tempi, fu sottoposto a spettacolari 
                  supplizi e poi buttato in carcere. Qui ha la visione del 
                  Signore che gli predice sette anni di tormenti, tre volte la 
                  morte e tre volte la resurrezione.
                  E qui la fantasia dei suoi agiografi, spazia in episodi 
                  strabilianti, difficilmente credibili: vince il mago Atanasio 
                  che si converte e martirizzato; viene tagliato in due con una 
                  ruota piena di chiodi e spade; risuscita operando la 
                  conversione del ‘magister militum’ Anatolio con tutti i suoi 
                  soldati che vengono uccisi a fil di spada; entra in un tempio 
                  pagano e con un soffio abbatte gli idoli di pietra; converte 
                  l’imperatrice Alessandra che viene martirizzata; l’imperatore 
                  lo condanna alla decapitazione, ma Giorgio prima ottiene che 
                  l’imperatore ed i suoi settantadue dignitari vengono 
                  inceneriti; promette protezione a chi onorerà le sue reliquie 
                  ed infine si lascia decapitare.
                  Il culto per il martire iniziò quasi subito, come dimostrano i 
                  resti archeologici della basilica eretta qualche anno dopo la 
                  morte (303?) sulla sua tomba nel luogo del martirio (Lydda); 
                  la leggenda del drago comparve molti secoli dopo nel Medioevo, 
                  quando il trovatore Wace (1170 ca.) e soprattutto Jacopo da 
                  Varagine († 1293) nella sua “Leggenda Aurea”, fissano la sua 
                  figura come cavaliere eroico, che tanto influenzerà 
                  l’ispirazione figurativa degli artisti successivi e la 
                  fantasia popolare.
                  Essa narra che nella città di Silene in Libia, vi era un 
                  grande stagno, tale da nascondere un drago, il quale si 
                  avvicinava alla città, e uccideva con il fiato quante persone 
                  incontrava. I poveri abitanti gli offrivano per placarlo, due 
                  pecore al giorno e quando queste cominciarono a scarseggiare, 
                  offrirono una pecora e un giovane tirato a sorte.
                  Un giorno fu estratta la giovane figlia del re, il quale 
                  terrorizzato offrì il suo patrimonio e metà del regno, ma il 
                  popolo si ribellò, avendo visto morire tanti suoi figli, dopo 
                  otto giorni di tentativi, il re alla fine dovette cedere e la 
                  giovane fanciulla piangente si avviò verso il grande stagno.
                  Passò proprio in quel frangente il giovane cavaliere Giorgio, 
                  il quale saputo dell’imminente sacrificio, tranquillizzò la 
                  principessina, promettendole il suo intervento per salvarla e 
                  quando il drago uscì dalle acque, sprizzando fuoco e fumo 
                  pestifero dalle narici, Giorgio non si spaventò, salì a 
                  cavallo e affrontandolo lo trafisse con la sua lancia, 
                  ferendolo e facendolo cadere a terra.
                  Poi disse alla fanciulla di non avere paura e di avvolgere la 
                  sua cintura al collo del drago; una volta fatto ciò, il drago 
                  prese a seguirla docilmente come un cagnolino, verso la città. 
                  Gli abitanti erano atterriti nel vedere il drago avvicinarsi, 
                  ma Giorgio li rassicurò dicendo: ”Non abbiate timore, Iddio mi 
                  ha mandato a voi per liberarvi dal drago: Abbracciate la fede 
                  in Cristo, ricevete il battesimo e ucciderò il mostro”.
                  Allora il re e la popolazione si convertirono e il prode 
                  cavaliere uccise il drago facendolo portare fuori dalla città, 
                  trascinato da quattro paia di buoi. La leggenda era sorta al 
                  tempo delle Crociate, influenzata da una falsa interpretazione 
                  di un’immagine dell’imperatore cristiano Costantino, trovata a 
                  Costantinopoli, dove il sovrano schiacciava col piede un 
                  drago, simbolo del “nemico del genere umano”.
                  La fantasia popolare e i miti greci di Perseo che uccide il 
                  mostro liberando la bella Andromeda, elevarono l’eroico 
                  martire della Cappadocia a simbolo di Cristo, che sconfigge il 
                  male (demonio) rappresentato dal drago. I crociati 
                  accelerarono questa trasformazione del martire in un santo 
                  guerriero, volendo simboleggiare l’uccisione del drago come la 
                  sconfitta dell’Islam; e con Riccardo Cuor di Leone (1157-1199) 
                  san Giorgio venne invocato come protettore da tutti i 
                  combattenti.
                  Con i Normanni il culto del santo orientale si radicò in modo 
                  straordinario in Inghilterra e qualche secolo dopo nel 1348, 
                  re Edoardo III istituì il celebre grido di battaglia “Saint 
                  George for England”, istituendo l’Ordine dei Cavalieri di San 
                  Giorgio o della Giarrettiera. 
                  In tutto il Medioevo la figura di s. Giorgio, il cui nome 
                  aveva tutt’altro significato, cioè ‘agricoltore’, divenne 
                  oggetto di una letteratura epica che gareggiava con i cicli 
                  bretone e carolingio. Nei Paesi slavi assunse la funzione 
                  addirittura ‘pagana’ di sconfiggere le tenebre dell’inverno, 
                  simboleggiate dal drago e quindi di favorire la crescita della 
                  vegetazione in primavera; una delle tante metamorfosi 
                  leggendarie di quest’umile martire, che volle testimoniare in 
                  piena libertà, la sua fede in Cristo, soffrendo e donando 
                  infine la sua giovane vita, come fecero in quei tempi di 
                  sofferenza e sangue, tanti altri martiri di ogni età, 
                  condizione sociale e in ogni angolo del vasto impero romano.
                  San Giorgio è onorato anche dai musulmani, che gli diedero 
                  l’appellativo di ‘profeta’. Enrico Pepe sacerdote, nel suo 
                  volume ‘Martiri e Santi del Calendario Romano’, conclude al 23 
                  aprile giorno della celebrazione liturgica di s. Giorgio, con 
                  questa riflessione: “Forse la funzione storica di questi santi 
                  avvolti nella leggenda è di ricordare al mondo una sola idea, 
                  molto semplice ma fondamentale, il bene a lungo andare vince 
                  sempre il male e la persona saggia, nelle scelte fondamentali 
                  della vita, non si lascia mai ingannare dalle apparenze”. 

                  Autore: Antonio Borrelli 

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