San Riccardo Pampuri Religioso 
                               1 maggio 
                  
                  Caporetto, fine ottobre 1917. 
                  ``Gli Austriaci travolgono i soldati italiani: un disastro. 
                  Tra i militari del servizio sanitario, c’è Erminio Pampuri, 20 
                  anni, studente di Medicina a Pavia. Fin dalla chiamata alle 
                  armi, si era prodigato con dedizione tra i soldati e feriti al 
                  fronte, rischiando sovente la pelle.
                  ``Ora, durante la ritirata, compie un’azione eroica: 
                  conducendo un carro tirato da una coppia di buoi, per 24 ore 
                  sotto la pioggia battente, pone in salvo il materiale 
                  sanitario precipitosamente abbandonato. Sa che se non lo 
                  facesse, per pensare solo a se stesso, numerosi feriti non 
                  avrebbero più la possibilità di curarsi.
                  ``Appena congedato, al termine della guerra, riprende gli 
                  studi di medicina e per l’impresa compiuta, viene decorato con 
                  medaglia di bronzo.

                   
                  ``Era nato, decimo di undici figli, il 2 agosto 1897, a 
                  Trivolzio (Pavia) in una famiglia che viveva davvero il 
                  Vangelo. Era cresciuto in casa degli zii materni, sentendo il 
                  benefico influsso dello zio Carlo, medico, uomo di Dio e 
                  apostolo. Aveva compiuto gli studi al Liceo Manzoni di Milano, 
                  professando la sua fede a viso aperto tra i compagni e 
                  professori. Al momento della scelta della professione, si era 
                  iscritto a Medicina, seguendo l’esempio dello zio.
                  ``All’Università di Pavia, aveva partecipato al Circolo 
                  Cattolico Severino Boezio, coinvolgendo nel suo apostolato 
                  numerosi giovani studenti. Il suo assistente ecclesiastico, 
                  Mons. Ballerini, dirà: «Al Circolo portò più soci lui con il 
                  suo esempio e la sua vita intemerata che non tutte le 
                  conferenze e i mezzi di propaganda, compreso il suo 
                  interessamento personale».
                  ``Un giorno, durante una sollevazione studentesca, erano stati 
                  uccisi due universitari. Erminio Pampuri fu il solo ad 
                  avvicinarsi ai loro cadaveri per pregare, rispettato dai 
                  tiratori, profondamente toccati dal suo coraggio e dalla sua 
                  fede.
                  ``Ora, a 24 anni, è medico e incanta chi lo avvicina per la 
                  sua purezza e la sua affabilità. È destinato alla “condotta” 
                  di Morimondo (Milano), 1800 abitanti, sparsi in cascinali di 
                  campagna, con strade malagevoli, nella pianura milanese. Si 
                  stabilisce in un umile alloggio, vicino alla chiesa 
                  parrocchiale. Ogni mattina, prestissimo, partecipa alla Messa 
                  con la Comunione e, in ogni attimo di libertà, vi cerca 
                  respiro davanti al Tabernacolo dove Gesù lo attira e gli dà 
                  forza.
                  ``Sovente è chiamato di notte presso i malati. Il “dottorino” 
                  accorre e indugia a lungo presso di loro, competentissimo, 
                  disponibile, un vero fratello. Spesso non accetta nulla come 
                  onorario, anzi, porta ancora lui i medicinali e il denaro 
                  necessario alle famiglie più povere. Al mattino, dopo la 
                  Messa, fa ambulatorio in casa, poi riprende le visite: a 
                  piedi, sul calesse, d’estate, d’inverno, sotto il sole cocente 
                  o sotto la neve. Porta con sé la corona del Rosario e prega la 
                  Madonna di sostenerlo e di illuminarlo.
                  ``Scopre che a Morimondo e dintorni, ci sono tanti giovani, 
                  spesso poco aiutati, nella loro formazione. Il medico ha pochi 
                  anni più di loro e si tiene aggiornato su tutti i problemi 
                  della vita, della società, della Chiesa. Si ferma a parlare 
                  con i giovani, li raduna attorno a sé, meglio, attorno a Gesù, 
                  nella parrocchia: con il suo ascendente, li istruisce nella 
                  fede, li guida a vivere il Vangelo, più con il suo esempio che 
                  con la parola. Quelli ne restano affascinati e alcuni, aiutati 
                  da lui, maturano la vocazione sacerdotale e religiosa: saranno 
                  presto apostoli, per aver incontrato lui.
                  ``Alcuni, tra la sua gente, gli dicono: «Dottore, quando pensa 
                  a sé?». Risponde alzando le spalle e raccomandando di 
                  chiamarlo a qualsiasi ora del giorno e della notte, perché lui 
                  è lì per servire: per i malati, gli anziani, i bambini, coloro 
                  che in qualunque modo hanno bisogno. Lo slancio per resistere 
                  all’immane fatica lo trova in Gesù Eucaristico che visita ogni 
                  sera: persino il cavallo lo sa, ormai, e quando giunge vicino 
                  alla chiesa, si ferma da solo e attende che il dottore abbia 
                  finito di pregare.
                  ``La vita a Morimondo cambia: il parroco si trova la chiesa 
                  piena di giovani alla Messa festiva e all’adorazione 
                  eucaristica, molti impegnati nell’Azione Cattolica e per le 
                  missioni. Ha fatto tutto il giovanissimo dottor Pampuri. Ma 
                  dov’è quando ci sono tutti e lui sembra assente? È a casa che 
                  studia e insieme prega, o in un angolo della chiesa, occupato 
                  in un colloquio intenso con il divino Amico, o in visita ai 
                  suoi malati a qualsiasi ora del giorno.
                  ``Alcuni colleghi medici gli consigliano di “prendersela con 
                  calma”; «tanto – gli dice qualcuno – si nasce e si muore anche 
                  senza di noi». A costoro lui risponde con uno sguardo di 
                  fuoco. Ma altri colleghi vengono per consultarlo per i casi 
                  più difficili, con una stima grandissima per lui e la sua 
                  estrema professionalità.

                  ``Il saio per completare
                  ``Nel giugno 1927, a 30 anni, il dottor Erminio Pampuri chiede 
                  di entrare a farsi religioso tra i Fatebenefratelli, l’Ordine 
                  Ospedaliero fondato da San Giovanni di Dio nel 1537 per 
                  l’assistenza agli infermi. Lascia tutto e parte, tra le 
                  lacrime dei suoi assistiti di Morimondo, per seguire Gesù. Il 
                  suo gesto suscita enorme scalpore: anche i giornali ne 
                  parlano. Il 21 ottobre 1927, riceve l’umile saio di “fratello” 
                  e comincia il noviziato: umile, semplice, sottomesso, come 
                  tutti gli altri, nella casa religiosa di Brescia. Prende il 
                  nome di fra’ Riccardo.
                  ``Medico prestigioso, accetta i servizi più umili all’ospedale 
                  dei Fatebenefratelli, ma chiamato dall’obbedienza o dalle 
                  necessità, visita i malati e li cura con la sua scienza: 
                  stupisce tutti, confratelli, malati, quelli che lo vedono e, 
                  presto scoprono la sua vera identità. A volte, sostituisce 
                  anche il primario, ma subito dopo prende la scopa in mano, 
                  come se fosse l’ultimo della casa, canticchiando sottovoce, 
                  con la gioia di appartenere a Dio solo.
                  ``Il 28 ottobre 1928, si offre a Dio mediante i santi voti di 
                  povertà, castità e obbedienza e scrive: «Voglio servirti mio 
                  Dio, per l’avvenire, con perseveranza e amore sommo: nei miei 
                  superiori, nei confratelli, nei malati tuoi prediletti; dammi 
                  grazia di servirli come servissi Te».
                  ``Gli viene affidato il laboratorio dentistico di Via Moretto, 
                  annesso all’ospedale. Fra Riccardo è un semplice religioso, ma 
                  è anche un grande medico: così, appena si sa, molti, sempre 
                  più numerosi, attirati dalla sua bontà e dalla sua scienza, 
                  vengono a cercarlo e si rivolgono a lui con una fiducia che si 
                  diffonde, in Brescia, come un contagio. Le mamme gli portano i 
                  bambini perché li curi e li benedica: risponde promettendo la 
                  sua preghiera quotidiana per loro alla Madonna.
                  ``Nella sua semplicità, si sente quasi umiliato quando diversi 
                  medici vengono ad interpellarlo, perché “il dottorino sotto il 
                  saio di religioso è un santo e può molto”. Ha poco più di 30 
                  anni e gode fama di santità.
                  ``Ma presto diventa assai fragile di salute: ai superiori che 
                  hanno molti riguardi verso di lui, risponde: «Io sto bene». 
                  Continua il suo lavoro, fino a quando gli restano le ultime 
                  briciole di forze. Qualcuno si domanda: «Perché Fra Riccardo 
                  va all’ambulatorio con la febbre addosso?». Risponde: «È il 
                  mio posto, là c’è Dio che mi aspetta».
                  ``Lo vedono sempre correre, con il sorriso sulle labbra e 
                  cantando sottovoce inni alla Madonna, a San Giovanni di Dio e 
                  agli Angeli, con le mani sotto lo scapolare, tenendo sempre la 
                  corona fra le dita. Spiega: «Questa è la mia arma prediletta, 
                  con la corona il demonio fugge». Intanto la pleurite e la 
                  febbre lo divorano. Per sollevarlo, i superiori, oltre alle 
                  cure, lo invitano ad un viaggio fra le case di Venezia, 
                  Gorizia e Postumia. Ma più che alla sua salute, serve a far 
                  dilagare tra i confratelli, che lo conoscono per sentito dire, 
                  la sua fama di santità.
                  ``I parenti lo vogliono avere vicino. Viene assegnato alla 
                  casa di Via San Vittore a Milano. Viene la sorella Rita ad 
                  assisterlo. Con la gioia in volto, le dice: «Se il Signore mi 
                  lascia, sto qui volentieri, se mi toglie, vado volentieri da 
                  Lui». Riceve tutti i sacramenti, lucido e ardente. Va incontro 
                  a Dio il 1° maggio 1930, all’inizio del mese della Madonna 
                  alla Quale aveva affidato fin da bambino gli studi, il lavoro, 
                  la vita e la morte. Ha solo 33 anni ma è giunto assai in alto.
                  ``Come il suo illustre collega di Napoli, il medico San 
                  Giuseppe Moscati (1880-1927), Papa Giovanni Paolo II lo ha 
                  iscritto tra i Santi: chi oggi lo prega con fede, lo sente 
                  ancora vicino; ancora e più che mai medico e fratello: 
                  guarigioni e conversioni inspiegabili umanamente sperimentano 
                  coloro che si rivolgono a lui, come un continuo prodigio di 
                  carità. 

                  Autore: Paolo Risso 

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