San Bruno (Brunone) Sacerdote e monaco
6 ottobre
Nato a Colonia in Germania intorno al 1030, e vissuto poi
tra il suo Paese, la Francia e
l’Italia, il nobile renano Bruno o Brunone è vero figlio
dell’Europa dell’XI secolo, divisa e confusa, ma pure a suo
modo aperta e propizia alla mobilità. Studente e poi
insegnante a Reims, si trova presto faccia a faccia con la
simonia.
Professore di teologia e filosofia, esperto di cose curiali,
potrebbe diventare vescovo per la via onesta dei meriti, ora
che papa Gregorio VII lotta per ripulire gli episcopi. Ma lo
disgusta l’ambiente. La fede che pratica e che insegna è
tutt’altra cosa, come nel 1083 gli conferma Roberto di
Molesme, il severo monaco che darà vita ai Cistercensi.
Bruno trova sei compagni che la pensano come lui, e il vescovo
Ugo di Grenoble li aiuta a stabilirsi in una località
selvaggia detta “chartusia” (chartreuse in francese). Lì si
costruiscono un ambiente per la preghiera comune, e sette
baracche dove ciascuno vive pregando e lavorando: una vita da
eremiti, con momenti comunitari. Ma non pensano minimamente a
fondare qualcosa: vogliono soltanto vivere radicalmente il
Vangelo e stare lontani dai mercanti del sacro.
Quando Bruno insegnava a Reims, uno dei suoi allievi era il
benedettino Oddone di Châtillon. Nel 1090 se lo ritrova papa
col nome di Urbano II e deve raggiungerlo a Roma come suo
consigliere. Ottiene da lui riconoscimento e autonomia per il
monastero fondato presso Grenoble, poi noto come Grande
Chartreuse. Però a Roma non resiste: pochi mesi, ed eccolo in
Calabria nella Foresta della Torre (ora in provincia di Vibo
Valentia); e riecco l’oratorio, le celle come alla Chartreuse,
una nuova comunità guidata col solito rigore. Più tardi, a
poca distanza, costruirà un altro monastero per chi, inadatto
alle asprezze eremitiche, preferisce vivere in comunità. E’ il
luogo accanto al quale sorgeranno poi le prime case
dell’attuale Serra San Bruno. I suoi pochi confratelli (non
ama avere intorno gente numerosa e qualunque) devono essere
pronti alla durezza di una vita che egli insegna col consiglio
e con istruzioni scritte, che dopo la sua morte (Serra San Bruno:6
ottobre1101),troveranno
codificazione nella Regola, approvata nel 1176 dalla Santa Sede.
E’ una guida all’autenticità, col modello della Chiesa
primitiva nella povertà e nella gioia, quando si cantano le
lodi a Dio e quando lo si serve col lavoro, cercando anche qui
la perfezione, e facendo da maestri ai fratelli, alle
famiglie, anche con i mestieri splendidamente insegnati.
Sempre pochi e sempre vivi i certosini: a Serra, vicino a
Bruno, e altrove, passando attraverso guerre, terremoti,
rivoluzioni. Sempre fedeli allo spirito primitivo. Una
comunità "mai riformata, perché mai deformata". Come la voleva
Bruno, il cui culto è stato approvato da Leone X (1513-1521) e
confermato da Gregorio XV (1621-1623).
Per scrivere l'icona di San Bruno ho utilizzato come modello “ San
Giovanni il teologo del silenzio”,che nel silenzio, ascolta la voce della
Sapienza Divina.
Come scrive San Bruno:<<... ci dice la Sapienza
stessa:”Chi non rinuncia a tutto ciò che possiede ,non può essere
mio discepolo”. Quanto sia bello,quanto utile e quanto piacevole
restare alla sua scuola sotto la guida dello Spirito Santo e apprendere
la divina filosofia che sola dà la beatitudine vera,chi non lo vede?>>.
L'icona della SS. Trinità( Rublev) raffigura la visione degli elementi
essenziali,peculiari di vita evangelica che San Bruno ebbe e
cercò di imprimere nella vita certosina .
1) Il Tempio:la cella,luogo dell'incontro della presenza di Dio.
2)L'albero:”la croce di Cristo portata nel boscoso silenzio della Certosa”.
3)La roccia:il luogo aspro della solitudine.
Ma il centro è la “Bontà Divina! “(SanBruno),il perfetto Amore Trinitario,
nel silenzio ,la perfetta comunione di volontà ,
attorno al Calice della mensa Eucaristica.
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